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Abusi sui bambini da parte ONU

29 Mag

Save the Children: abusi sessuali su minori da parte delle forze di pace Onu e di operatori umanitari sono un fenomeno sommerso e sottostimato
Casi di abusi e sfruttamento sessuale di minori, anche di sei anni, da parte della forze Onu di peacekeeping e operatori umanitari, continuano a verificarsi in paesi in emergenza e sono sottostimati e poco documentati anche a causa della paura delle vittime di parlarne e denunciarli.

E’ quanto emerge dal nuovo Rapporto di Save the Children “Nessuno a cui dirlo”: una ricerca  qualitativa frutto di interviste, gruppi di discussione e incontri che hanno coinvolto bambini, bambine, operatori umanitari, personale delle missioni Onu di peacekeeping, addetti alla sicurezza, in nazioni  in situazioni di emergenza o post conflitto (1). La ricerca segue di 2 anni uno studio analogo condotto in Liberia da Save the Children.

“Nonostante le recenti dichiarazioni di impegno a risolvere il problema da parte dei governi e delle organizzazioni internazionali”, commenta Valerio Neri  Direttore Generale di Save the Children Italia,  “il nostro rapporto documenta come abusi nei confronti di minori permangano e continuino in paesi e aree in emergenza e come queste situazioni restino per lo più sommerse. E’ necessario fare molto di più affinché i bambini non continuino a soffrire in silenzio e siano invece incoraggiati e  aiutatati a denunciare quanto hanno subito”.

La paura di parlare è ancora molto forte, emerge infatti con evidenza dalla ricerca di Save the Children. I bambini temono che, se parlano, l’abusante possa cercarli e fare loro del male, che le agenzie umanitarie smettano di dare loro gli aiuti, temono di essere stigmatizzati ed emarginati dalle famiglie e comunità o addirittura puniti.
“Tutto questo ci lascia intendere”, continua il Direttore Generale di Save the Children, “che per ogni abuso identificato ce ne sono probabilmente molti che rimangono nascosti e sconosciuti”.
Le persone non parlano perché hanno paura che poi le agenzie non lavoreranno più qui e noi abbiamo bisogno di loro, dichiara un ragazzo del Sud Sudan.

Sono prevalentemente orfani, o separati dai genitori, o con famiglie che dipendono dagli aiuti umanitari – secondo il dossier di Save the Children – i bambini vittime degli abusi da parte di adulti che lavorano per la comunità internazionale. A prevalere per numero sono le bambine rispetto ai maschi e l’età media delle vittime è di  14-15 anni anche se il rapporto attesta di abusi anche ai danni di bambini di 6 anni.

Numerose le forme di abuso descritte dagli intervistati: le più frequenti sono commenti, frasi dal pesante e volgare contenuto sessuale, cioè  “abusi verbali” (sono testimoniati dal 65% degli intervistati e partecipanti ai 38 focus group di Save the Children); segue il sesso “coatto” (secondo il 55% degli intervistati), a cui i minori sono indotti magari in cambio di cibo, soldi, sapone, in rari casi di beni “di lusso” come il cellulare. Frequenti anche le molestie (attestate dal 55% degli intervistati). Benché meno frequente (denunciato dal 30% degli intervistati) la violenza sessuale di singoli ma anche di gruppi su minori emerge come la più temuta.

Per quanto riguarda il profilo o la provenienza degli abusanti, il rapporto rileva che possono appartenere a qualsiasi organizzazione, sia essa umanitaria, o di peacekeeping o di sicurezza; avere qualsiasi livello o grado, dai più bassi – guardie, autisti – ai più alti, manageriali; fare parte dello staff locale o internazionale.

Tuttavia il personale delle missioni di pace risulta quello numericamente più coinvolto: dei 38 gruppi di lavoro in cui si è svolta la ricerca di Save the Children, 20 hanno indicato nei peacekeepers gli autori più frequenti degli abusi. Un dato confermato anche dalle Nazioni Unite: sul totale delle denunce di sesso con minori a carico di operatori Onu nel 2005, 60 su 67 riguardano le truppe del Dipartimento Onu delle Operazioni di Peacekeeping (Dpko) (2).

“Il comportamento di chi abusa sessualmente di bambini particolarmente vulnerabili, proprio di quei bambini che dovrebbe proteggere, è inqualificabile.  E’ difficile immaginare un più grave abuso di potere o flagrante violazione dei diritti dei minori”, commenta ancora Valerio Neri.
“Queste persone sono per fortuna una piccola minoranza. La gran parte degli operatori umanitari non commette alcuna forma di abuso e fa bene e con la massima serietà il proprio lavoro. Tuttavia”, prosegue Neri , “tutte le agenzie umanitarie e di peacekeeping che operano in contesti di emergenza, compresa Save the Children, debbono essere consapevoli di poter essere interessate da questo problema e che quindi vanno messe in campo importanti misure sia per prevenirlo che per contrastarlo. Finora”, conclude il Direttore di Save the Children Italia, “sia le Nazioni Unite sia le agenzie umanitarie hanno preso alcuni importanti impegni di principio che però ancora non si sono tradotti in fatti concreti”.

Per fare fronte al problema, Save the Children fa tre raccomandazioni che al momento sono all’attenzione della task force Onu sulla Protezione dallo sfruttamento e abuso sessuale (3):
• la realizzazione da parte delle Nazioni Unite di un efficace meccanismo di denuncia su base locale, in quei paesi dove vi è una significativa presenza di personale internazionale, cosicché i bambini e/o i loro genitori sappiano come denunciare gli abusi subiti e siano prese misure immediate e risolutive nei confronti di chi li commette;
• l’istituzione di una figura di controllo, a livello globale, un “global watchdog”, che monitori gli sforzi delle agenzie internazionali nel contrasto agli abusi e promuova le risposte più efficaci su questo fronte;
• l’incremento degli investimenti destinati a risolvere alle radici il problema, attraverso per esempio riforme legislative, campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, lo sviluppo di sistemi nazionali di protezione dell’infanzia.

La versione integrale del Rapporto “Nessuno a cui dirlo” è scaricabile dal seguente indirizzo: www.savethechildren.it/pubblicazioni
Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa – Save the Children Italia
Tel: 06.48070023-71
press@savethechildren.it
www.savethechildren.it

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Bambini sotto tiro

14 Feb

I vari casini dei nostri governati ci fanno abbassare la guardia sul problema della pedofilia, mentre loro riempiono tutti gli spazi dei media per le varie alleanze, veniamo a scoprire che fior di arresti si stanno eseguendo in tutto il mondo. Le vacanze sessuali di loschi figuri che approffittando delle realtà molto tristi di alcuni paesi, fanno i loro porci comodi usurpando l’infanzia di migliaia di bambini, a tale proposito vi segnalo un sito molto interessante

ams

Emergenze dimenticate

12 Feb

Lanciato oggi lo “Humanitarian Action Report 2008”

Ginevra/Roma, 12 febbraio 2008 – L’UNICEF ha presentato oggi lo “Humanitarian Action Report” – il rapporto annuale sui paesi in emergenza – lanciando un appello ai donatori di 856 milioni di dollari, per l’assistenza a donne e bambini in 39 paesi colpiti da crisi umanitarie.

Il rapporto esamina la situazione di paesi colpiti sia da crisi politico-militari, come Ciad e Kenya, sia da conflitti di lunga durata che non fanno più notizia, sia da disastri naturali, come le alluvioni in Mozambico, indicando gli interventi d’emergenza previsti dall’UNICEF e i fondi necessari.

«Come effetto della crisi in Kenya, 300.000 persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e rifugiarsi in campi di accoglienza: 150.000 sono bambini, di cui 80.000 hanno meno di 5 anni. In Ciad la situazione è meno chiara, ma si stima che 30.000 delle 52.000 persone fuggite dal paese siano a rischio e richiedano immediata assistenza» ha dichiarato a Ginevra Hilde Johnson, Vice-direttore dell’UNICEF, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto.

«L’UNICEF sta fornendo aiuti d’emergenza in ambito sanitario, nutrizionale e per l’istruzione. In questi due conflitti, come nelle altre 37 emergenze considerate dal rapporto, donne e bambini sopportano le conseguenze più pesanti di guerre e sfollamento

Il rapporto rileva come i conflitti, tradizionalmente la principale causa di crisi umanitarie, si combinino con sempre più frequenti disastri naturali, mettendo in pericolo l’incolumità e i mezzi di sussistenza delle popolazioni di ogni continente e aumentando l’impatto negativo su donne e bambini.

In Kenya, per esempio, la popolazione era già prostrata dalle conseguenze delle alluvioni e dall’HIV/AIDS quando è scoppiata la crisi politica dopo le elezioni del dicembre 2007, mentre la situazione umanitaria in Somalia è stata aggravata da epidemie di diarrea acuta e dagli alti tassi di malnutrizione.

Un altro aspetto messo in rilievo dal rapporto è che sempre più frequentemente donne e bambini sono vittime di stupri sistematici, spesso perpetrati come arma di guerra.

«Dobbiamo garantire che bambini e donne siano protetti quanto più possibile da queste atrocità, e che i responsabili di tali crimini vengano infine perseguiti legalmente» ha sottolineato la Johnson.

Lo Humanitarian Action Report non considera tutti gli interventi d’emergenza in cui è impegnato l’UNICEF – gli uffici sul campo hanno risposto a 64 emergenze nel 2007 e a 282 nel 2006 – ma lancia un appello per le emergenze di vasta portata e lunga durata e soprattutto per quelle “emergenze dimenticate” che richiedono l’assistenza dei donatori.

Per esempio, in Africa Centrale e Occidentale una combinazione di conflitti, disastri naturali e povertà continua a creare una situazione di forte instabilità, con oltre 1 milione di sfollati e la malnutrizione che rappresenta il principale rischio per la sopravvivenza dei bambini.

Nella Repubblica Democratica del Congo, per la quale l’appello dell’UNICEF è pari a 106 milioni di dollari, più della metà dei decessi infantili è attribuibile alla malnutrizione.

Il Sudan è l’altro paese per cui l’appello dell’UNICEF supera i 100 milioni di dollari, mentre per Pakistan, Somalia, Uganda, Iraq e Ciad gli appelli ai donatori si attestano intorno ai 40 milioni di dollari.

In Sudan, dove sono in corso importanti interventi di ricostruzione e sviluppo, l’UNICEF stima necessari più di 150 milioni di dollari, dal momento che vaste sacche di popolazione continuano a versare in condizioni d’emergenza, soprattutto in Darfur, dove gli sfollati sono ormai più di 2,1 milioni e il conflitto armato minaccia ogni giorno la sopravvivenza e i mezzi di sussistenza di larga parte della popolazione civile.

L’azione dell’UNICEF

Nell’ambito del sistema coordinato di risposta alle emergenze (che comprende le agenzie ONU e le principali ONG), l’UNICEF è l’agenzia leader per il coordinamento degli interventi nei settori acqua e servizi igienici, nutrizione, istruzione e telecomunicazioni d’emergenza, e svolge un ruolo di rilievo nei settori della protezione e della sanità.

Nel 2007, grazie anche a nuovi sistemi di finanziamento come il CERF, l’UNICEF ha ottenuto il 52% dei fondi richiesti per gli interventi di emergenza (rispetto al 49% del 2006). L’UNICEF dispone inoltre di un proprio fondo interno per la risposta alle emergenze, per l’immediato stanziamento di risorse agli uffici sul campo nei paesi colpiti da crisi umanitarie.

Nel 2007 l’UNICEF Italia è risultato il 6° donatore al mondo tra i Comitati Nazionali UNICEF, per le cosiddette “risorse tematiche”, ossia fondi di emergenza che gli uffici UNICEF sul campo possono utilizzare in modo flessibile e senza vincoli particolari, allocandole per gli interventi ritenuti prioritari nelle diverse fasi dell’emergenza.

Dal 2006 l’UNICEF Italia sostiene un progetto continuativo di raccolta fondi per l’emergenza in Sudan e, dal 2008, analoghi progetti di sostegno all’emergenza sono stati lanciati per l’Iraq, per Haiti e per il Territorio Palestinese Occupato, mentre in altri 8 paesi colpiti da emergenze – Angola, Ciad, Eritrea, Guinea Bissau, Libano, Malawi, Mozambico e Repubblica Democratica del Congo – l’UNICEF Italia sostiene specifici progetti di ricostruzione e sviluppo (qui l’elenco dei paesi e dei progetti da sostenere).

unicef

Emergency 5 x mille

17 Gen

 

5 x mille 147.037 persone hanno devoluto il 5 per mille dell’Irpef della dichiarazione dei redditi 2006 (relativa ai redditi 2005) a Emergency per una cifra pari a 4.531.132 euro. Grazie!.

Questa scelta contribuisce ad assicurare assistenza sanitaria specializzata e gratuita a migliaia di persone in Afganistan, Cambogia, Sudan, Sierra Leone, Sri Lanka, Iraq e Italia e aiuta Emergency a mantenere la sua indipendenza.

Indichiamo qui l’impiego previsto di queste risorse su diversi progetti.
Le previsioni di spesa per il 2008 sono in fase di elaborazione, e gli importi qui indicati hanno valore puramente indicativo.
La previsione d’impiego della cifra derivante dal 5 per mille è comunque condizionata alla data, non prevista, dell’effettiva erogazione.

Pagamento fatture per materiali già acquistati:
– € 1.100.000 – valvole cardiache, circuiti circolazione extracorporea,
– € 330.000 – strumentario chirurgico e materiale ortopedico
– € 70.000 – protesi e accessori

Gestione ospedali: € 3.000.000 per acquisto materiali e medicinali, retribuzioni e assicurazioni personale nazionale e internazionale.

paese
budget indicativo 2008 (€)
da 5 per mille (€)
AFGANISTAN
5.500.000
1.000.000
CAMBOGIA
1.500.000
400.000
SIERRA LEONE
2.200.000
500.000
IRAQ
500.000
100.000
SUDAN
9.000.000
1.000.000

5xmille

Adotta una Pigotta

17 Dic

Pigotta, in dialetto lombardo, è la tradizionale bambola di pezza fatta a mano, con cui hanno giocato molte generazioni di bambini.

Oggi la Pigotta dell’UNICEF è una bambola che contribuisce a salvare la vita di un bambino.

Con un’offerta minima di 20,00 euro, infatti, puoi adottare una Pigotta realizzata dai nostri volontari e consentire all’UNICEF di fornire a un bambino della Guinea Bissau interventi mirati che riducono il pericolo di mortalità nei suoi primi cinque anni di vita. Il kit salvavita dell’UNICEF è composto da vaccini, dosi di vitamina A, kit ostetrico per un parto sicuro, antibiotici e una zanzariera.

L’iniziativa nasce nel 1988 e da allora ha avuto un crescente successo: soltanto negli ultimi 9 anni sono stati raccolti circa 14 milioni di euro, che hanno permesso all’UNICEF di salvare oltre 700.000 bambini.

Numerosi sono i testimonial che hanno voluto sostenere questa iniziativa nel corso degli anni facendosi portavoce per l’UNICEF.

Puoi adottare la Pigotta in uno dei numerosissimi banchetti che i volontari dell’UNICEF organizzano nelle piazze di tutta Italia (nel periodo delle festività natalizie) oppure recandoti a un Punto di Incontro UNICEF o presso la sede del Comitato UNICEF della tua città.

 

 

Le piazze e le date dove è possibile adottare la Pigotta 2007!.

 

Se sei un Amministratore locale, da oggi puoi promuovere l’adesione del tuo Comune all’iniziativa “Per ogni bambino nato, un bambino salvato“, già attuata da molti Comuni italiani per celebrare i nuovi nati con un gesto di solidarietà in favore di un bambino in un paese del Sud del mondo.

 

Novità: la Pigotta è anche on line!

 

Oggi puoi anche adottare la Pigotta on line. Per farlo, visita il sito per l’e-commerce dell’UNICEF Italia (www.prodottiunicef.it), dove potrai ordinare la Pigotta insieme a tutti gli altri regali, biglietti augurali e gli altri prodotti UNICEF.

Ordina la Pigotta on line

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unicef

Italian Blogs for Darfur

15 Dic

Italian Blogs for Darfur

ITALIAN BLOGS FOR DARFUR (IB4D) nasce nel maggio 2006 come movimento on-line per la promozione dei diritti umani in Darfur, per combattere l’indifferenza dei media tradizionali italiani verso i tragici avvenimenti del Darfur, una regione dell’Ovest del Sudan, in Africa, nella quale, da oltre tre anni, si consuma una delle più feroci guerre del mondo.

Scopo di IB4D è creare un movimento di opinione pubblica che possa contribuire alla risoluzione del conflitto in Darfur e alla promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà democratiche nel Sudan. Solo garantendo una corretta e completa informazione ai cittadini italiani si può sperare, infatti, che le istituzioni italiane si adoperino per facilitare una risoluzione politica del conflitto e per avviare una nuova era di democrazia e libertà nel Sudan.

Per perseguire il suo fine, il movimento intende fare pressione sui media italiani attraverso la partecipazione degli internauti, che firmando un appello on-line diretto a RAI, Mediaset e La7, possono chiedere alle emittenti televisive italiane di dare maggiore spazio all’informazione sul Darfur. IB4D è la prima iniziativa italiana di questo tipo per il Darfur. Il movimento auspica inoltre una maggiore copertura mediatica di tutte le maggiori crisi umanitarie del mondo, come le tragedie in Angola, Costa d’ Avorio, Congo, Nepal, Vietnam, Cecenia etc..

Perchè IB4D?

IB4D è la prima e sola iniziativa italiana nel genere che tenti di mobilitare l’opinione pubblica in favore del Darfur e di una migliore qualità del servizio televisivo italiano, servendosi innanzitutto delle nuove possibilità di comunicazione di Internet. L’azione di IB4D è diretta e immediata, mira a ottenere maggiore attenzione dei media ai tragici avvenimenti del Darfur.

Altre associazioni per il Darfur, in particolare del mondo anglossassone, sono attive da 2-3 anni per far conoscere a un pubblico più vasto la natura del conflitto in Darfur e per la raccolta di fondi per gli aiuti umanitari nella regione. IB4D crede che gli aiuti umanitari internazionali, seppure importanti perchè spesso unico mezzo di sostentamento per la popolazione civile, curino i sintomi ma non la malattia. IB4D crede invece che l’amplificazione mediatica dell’evento, in particolare tramite la forza dirompente delle immagini televisive, possa spingere efficacemente verso la creazione di un fronte diplomatico internazionale che, al fianco dell’Unione Africana, si interponga tra le parti coinvolte nel conflitto per porre fine alla tragedia immane che dura ormai da tre anni. In questo senso, le forze di pace dell’ONU, potrebbero inoltre garantire la stabilità necessaria per facilitare la risoluzione diplomatica del conflitto e per una maggiore sicurezza per la popolazione civile e gli operatori umanitari in Darfur.

Versione in Inglese 

Malawi: proviamo a muovere il culo grazie

8 Dic

malawi

Il protettorato britannico del Nyasaland, posto nel 1891, è divenuto Stato indipendente nel 1964 col nome di Repubblica del Malawi.

Dopo tre decenni di partito unico, il paese ha avuto le prime elezioni multipartitiche nel 1994, con una costituzione provvisoria divenuta definitiva l’anno successivo.

La forte corruzione delle istituzioni, la crescita della popolazione, la crescente pressione sulle terre coltivabili e la conseguente insicurezza alimentare, peggiorata dalle recenti siccità, e ulteriormente aggravata dall’alta e crescente incidenza dell’HIV/AIDS, sono tra i maggiori problemi attuali del paese.

Il Malawi, inoltre, è tra i paesi più altamente indebitati con l’estero.

L’economia è prevalentemente agricola, il 90% della popolazione vive nelle aree rurali in un paese in cui il 50% delle esportazioni sono legate al tabacco.

Sebbene negli ultimi anni la politica fiscale contro la corruzione è stata molto dura, le gravi siccità del 2005 e del 2006 hanno costretto il governo ad accrescere le imposte per sostenere la crisi economica.

Il Malawi vive dunque una grave emergenza umanitaria, una crisi complessa che necessita di un approccio integrato : è necessario mettere fine all’insicurezza alimentare e agire contro le cause di crescente vulnerabilità della popolazione, particolarmente delle donne e dei bambini.

Il Malawi infatti è uno dei paesi più poveri al mondo: il 42% della popolazione vive con meno di 1$ al giorno e il 65% delle popolazioni rurali vive sotto la soglia di povertà.

L’attuale crisi alimentare è accresciuta dall’alto indice di HIV/AIDS che colpisce il 14,4% della popolazione tra i 15 e i 49 anni, colpendo intere generazioni in età lavorativa e mettendole nell’impossibilità di lavorare una volta ammalate.

La Trasmissione dell’HIV da Madre a Figlio (TMF), inoltre, minaccia di contagiare tra i 20.000 e i 40.000 neonati ogni anno, attualmente oltre 83.000 bambini sotto i 15 anni sono sieropositivi.

Quasi un milione di bambini hanno perso uno o entrambi i genitori, la metà dei quali a causa dell’AIDS.
I servizi sanitari di base, sovraffollati per le crescenti malattie endemiche nel paese, sono compromessi dalla mancanza di infrastrutturestrumenti e medicine e dalla carenza di personale medico e paramedico.

I tassi di mortalità neonatale e sotto il quinto anno (112 e 178 per ogni 1,000 nati vivi rispettivamente) sono tra i più alti al mondo.

Malaria, diarrea, infezioni respiratorie acute e carenze nutrizionali sono tra le principali cause di mortalità infantile.

I tassi di mortalità materna sono quasi raddoppiati dal 1992: oggi più di una donna su cento muore di parto, uno dei tassi più alti al mondo.

Carenze di Vitamina A, ferro e iodio sono molto diffuse in tutto il paese.

Le percentuali di iscrizione alla scuola secondaria sono molto basse, in parte a causa della carenza di insegnanti, libri di testo e strutture sanitarie.
L’abuso, lo sfruttamento sessuale e il traffico di minori colpisce più di un milione di bambini del Malawi particolarmente le bambine, più vulnerabili e soggette alla discriminazione e alla violenza.

 

 

Adotta un progetto UNICEF in Malawi

 

Il Malawi è uno dei paesi per i quali i sostenitori italiani dell’UNICEF possono effettuare donazioni direttamente finalizzate alla “adozione” di un progetto specifico che l’UNICEF conduce nel paese. L’obiettivo di questo progetto è ridurre il contagio da HIV/AIDS, che ha un’indidenza molto forte nel paese.

Diversi cittadini, aziende e scuole italiani, attraverso il Comitato Italiano per l’UNICEF, stanno già offrendo il loro contributo.

Per saperne di più, visita le pagine dedicate all’adozione del progetto: “Fermiamo l’HIV/AIDS”

 Allora siamo sotto Natale cerchiamo di salvare le nostre coronarie con 2 fette in meno di cothechino, spendiamo anche pochi euro, ma con cuore